La bistecca alla Fiorentina è un taglio di carne principalmente di scottona di razza Chianina cotta (poco) con l’osso sulla griglia. La Fiorentina, ovvero questa specifica carne cotta al sangue sulle braci, è il piatto simbolo della cucina toscana e pertanto merita un abbinamento territoriale con il suo vitigno più emblematico: il sangiovese. In particolare, l’abbinamento bistecca alla Fiorentina e vino Chianti DOCG è un classico delle osterie fiorentine e, più in generale, delle trattorie toscane fin dai tempi della famiglia de Medici.

Bistecca fiorentina: tutta la storia

Bistecca alla fiorentina: è nata prima la bistecca o la fiorentina?

Per quanto sia difficile risalire alla nascita della Fiorentina, si può dire che la sua storia è profondamente intrecciata a quella della famiglia de’ Medici. Infatti, il 10 agosto per la notte di San Lorenzo, proprio in omaggio a Lorenzo il Magnifico, si arrostiva tantissima carne di vitello che veniva poi donata al popolo. Un’usanza che qualcuno potrebbe trovare di cattivo gusto dato che il povero San Lorenzo fu giustiziato su una graticola posta sul fuoco, ma in realtà è un modo per ricordare il martirio del santo.

Comunque si narra che quella sera erano presenti ai festeggiamenti anche alcuni cavalieri inglesi che, quando fu loro servita la carne, esclamarono “beef steak” che suona simile a “bifstec” e fu italianizzato in “bistecca”.

La messa al bando

Interessante è fare un salto indietro nel tempo, precisamente al 7 febbraio 2001 quando –  a pagina 19 del Corriere della Sera – compare il titolo “L’Europa: carne con l’osso vietata dal 31 marzo”. A quel tempo la carne bovina fu messa al bando a causa della BSE, ovvero del morbo della mucca pazza. La normativa prevedeva di togliere la colonna vertebrale con il midollo spinale e rendeva impossibile di fatto la preparazione della bistecca alla fiorentina con conseguenze pesanti sull’economia e sulla zootecnia. Inoltre è opportuno segnalare che non sono mai stati rilevati casi di animali malati in bovini di razza Chianina o Maremmana allevati allo stato brado in Toscana come la tradizione prevede. Difficile dire a posteriori se il provvedimento è stato troppo cautelativo, soprattutto tenendo conto delle deroghe concesse ad altri Stati Europei: un italiano, fino al 31 dicembre 2005, ha paradossalmente potuto godersi della bistecca alla fiorentina solo in Austria, Svezia o Finlandia.

Bistecca fiorentina: taglio e preparazione

La T-bone

T-bone è il taglio di carne riconducibile alla bistecca fiorentina, la differenza principale sta nello spessore: se la prima deve essere almeno 1,5 cm per essere chiamata tale, la seconda deve essere almeno 5 cm, meglio 6 cm. In entrambi i casi l’anatomia del taglio è la stessa.

Lo stesso taglio di carne T-bone viene usato anche nella preparazione della cotoletta alla milanese, anche se sarebbe più giusto chiamarla costoletta alla milanese. In questo caso però la carne è di vitello e non di manzo.

La frollatura

La carne deve frollare almeno 2 settimane prima di essere cotta. La frollatura è il processo di invecchiamento della carne che avviene dopo la macellazione per migliorarne il sapore e la consistenza. Una frollatura di qualità si fa a secco a temperatura controllata di 4 °C. Durante il periodo di frollatura la carne si asciuga, ovvero perde acqua concentrando i sapori e anche il colore diventa più scuro. La frollatura è particolarmente importante per la preparazione della bistecca fiorentina in quanto, essendo questa poco cotta, ha necessità di avere carni giustamente invecchiate per godere di una maggiore scioglievolezza al palato. Durante l’invecchiamento della carne, infatti, gli enzimi agiscono sul tessuto connettivo e lo ammorbidiscono, processo che altrimenti avverrebbe solo in seguito a una lunga cottura.

La cottura

La bistecca fiorentina ha una cottura tradizionale sulla brace viva di legno di quercia o ulivo, in modo che la crosticina che si forma durante la Reazione di Maillard assuma un profumo caratteristico. La cottura si fa da 2 a 5 minuti per parte a seconda che si vuole ottenere una carne cottura blue o una carne cottura media. In entrambi i casi si cuoce sempre la carne anche in piedi sull’osso per circa 5 minuti. Durante la cottura non si gira o prende mai la bistecca fiorentina con un forchettone in quanto questo bucherebbe la carne causando una fuoriuscita dei suoi succhi. Il segreto di questo piatto sta proprio nell’ ottenere una crosticina morbida e profumata all’esterno con una carne tiepida, cruda e succulenta all’interno.

Bistecca alla fiorentina cottura

In foto la carne viene cotta nella piastra antiaderente (bistecchiera ondulata Tescoma disponibile su Amazon qui) sul fornello a gas.

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Chiara Bassi

La wagyu italiana per la bistecca

Cos’è la carne wagyu?

和牛 Wagyū in giapponese significa wa = Giappone e gyū = bue, ovvero bue giapponese o bue del Giappone. In origine, quindi, questa era un’espressione che indicava genericamente un pezzo di carne di bovino di origine Giapponese. Oggi, con la medesima locuzione, si intende la carne di sole 4 razze:

  • 黒毛和種 Kuroge washu (90% dei capi): è la razza nera giapponese. Al suo interno ci sono tre ceppi originali: Tajiri (animali della prefettura di  da cui discende anche il ceppo Tajima della carne di Kobe, caratterizzati da ossa piccole e marezzatura eccellente), Itozakura (animali della prefettura di Shimane caratterizzati da grandi dimensioni e Kedaka (animali della prefettura di Tottori caratterizzati da grandi dimensioni con un grasso ben marezzato).
  • 赤毛和種 Akage Washu: è la razza rossa giapponese caratterizzata da un buon equilibrio tra carne e grasso che viene allevata a Kochi e Kumamoto;
  • 無角和種 Mukaku Washu: è la razza senza corna giapponese caratterizzata da piccole dimensioni e manto nero che viene allevata nella prefettura di Yamaguchi;
  • 日本短角和種 Nihon Tankaku Washu (1% dei capi): è la razza Shorthorn Giapponese, ha la qualità inferiore in quanto non è ben marmorizzata e viene allevata ad Akita e Iwate.

La carne wagyu giapponese è famosa in tutto il mondo non solo per la sua bontà, ma anche per il suo prezzo che oscilla da 100 € a 1.000 € al kg a seconda della marmorizzazione del grasso (marezzatura) che si trova nello spessore muscolare. Lo stato del grasso, posizione e quantità, dipende dalla salute e dall’alimentazione dell’animale e, nel caso di una carne marmorizzata finemente si ha un grasso scioglievole durante la cottura che conferisce caratteristiche organolettiche uniche, dalla scioglievolezza all’aroma.

Carne di Kobe

La carne più famosa al mondo è sicuramente il manzo di Kobe 神戸ビーフ Kōbe Bīfu, che è un marchio registrato e tutelato in Giappone che prende il nome dal capoluogo della prefettura di Hyogo. Per essere chiamata carne di Kobe:

  • il bovino deve appartenere alla razza wagyu 黒毛和種 Kuroge washu del ceppo Tajima ed essere nato e allevato nella prefettura di Hyogo nella regione del Kansai da un allevatore regolarmente iscritto all’Associazione del manzo di Kobe;
  • il bovino deve essere una femmina vergine, una scottona, un manzo o un bue;
  • la carcassa del bovino a cui sono stati tolti gli organi, la pelle e le ossa deve pesare minimo 230 kg e massimo 470 kg a seconda se è maschio o femmina;
  • deve avere un rapporto di marezzatura di almeno 6° livello;
  • deve avere una qualità della carne di minimo 4 su 5;
  • deve essere macellata a Kobe, Nishinomiya, Sanda, Kakogawa o Himeji nella prefettura di Hyōgo.

Questo rende evidente come non esiste una razza chiamata Kobe e chiunque cerca di vendere tale castroneria o è in malafede o è ignorante. Il marchio carne di Kobe, un bovino che rispetta tali caratteristiche può riceverlo solo dopo la macellazione e i dovuti controlli. Ogni anno sono appena 3.000 i bovini che ricevono il marchio carne di Kobe, che rappresenta il fiore simbolo della prefettura di Hyogo stampato con un inchiostro edibile, e questo ne giustifica il prezzo che può sfiorare e superare i 1.000 € al kg.

Carne di Kobe

Wagyu italiana

In Italia la carne wagyu giapponese è ancora poco diffusa e i primi allevamenti sono nati nel 2008 in Lombardia. Tuttavia c’è da segnalare che è improprio chiamare questa carne “wagyu italiana” perchè per essere chiamata wagyu il bovino deve essere nato, allevato e macellato in Giappone. Gli allevatori italiani hanno preso l’abitudine di chiamare wagyu italiana la loro carne solo perchè nella linea di sangue dell’allevamento è presente un predecessore giapponese di razza pura. Da un punto strettamente tecnico e della nomenclatura si tratta di una truffa e il Ministero dell’Agricoltura Giapponese ha creato un marchio da apporre nella carne per distinguere la vera carne wagyu. Da un punto di vista gustativo… la carne wagyu italiana è una carne spesso di ottima qualità in grado di regalare emozioni (in foto si può apprezzare la marezzatura della carne wagyu italiana, anche se è evidente come sia pià grossolana rispetto alla wagyu giapponese).

Bistecca fiorentina waygu italiana

Bistecca alla fiorentina e vino chianti DOCG: l’abbinamento perfetto

Quando si parla di bistecca fiorentina l’abbinamento cibo-vino più tradizionale è sicuramente quello con il vino Chianti DOCG, il vino rosso da uve sangiovese prodotto in Toscana fin dal 1404 (puoi leggere questo approfondimento sul wine blog Perlage Suite), perfetto anche – con i suoi tannini e la sua alcolicità – per asciugare l’untuosità dell’olio toscano con cui viene irrorata la carne.

In abbinamento a questa “wagyu italiana” ho scelto il Chianti DOCG Riserva “Meme” 2019 di Fattoria di Petrognano.

Si presenta di un bel rosso granato intenso e impenetrabile, consistente. Al naso è intenso ed elegante con note di ciliegia sia fresca e matura, sia in confettura, eucalipto, chiodi di garofano, liquirizia, vaniglia e un accento vinoso. In bocca entra coerente e asciutto, con tannini ben presenti, ma anche ben amalgamati, tanta struttura e un’ottima persistenza. Sicuramente oggi è ancora giovane, vorrei riassaggiare la stessa bottiglia tra almeno 4 o 5 anni, ma anche 10 anni o più perchè secondo me ha ancora tanto da aggiungere.

Scarica qui la scheda tecnica per approfondimenti.

Chiara Bassi

Sommelier & Gastronoma

Bistecca alla fiorentina e vino chianti waygu italiana

Elogio della bistecca (alla fiorentina) con wagyu italiana tra frode ed emozione

Curiosamente gli italiani proteggono con le unghie e con i denti i loro prodotti, criticando duramente chi utilizza termini impropri e addirittura inscenando diatribe per cibi e vini che, almeno storicamente, hanno tutto il senso di esistere come il Prosek croato. Eppure non si fanno scrupoli ad utilizzare il nome wagyu italiana per una carne che non può essere wagyu e per questo non ha l’apposito marchio di tutela che la identifica come tale. Si tratta di una frode fatta per marketing, per ignoranza o forse semplicemente per alzare liberamente il prezzo della carne italiana dato che i consumatori occasionali o abituali di wagyu giapponese autentica sono abituati a prezzi che oscillano tra i 100 e i 1.000 € al kg e per questo trovano molto conveniente la wagyu italiana che si assesta mediamente tra i 150 e i 350 € al kg.

Del resto gli italiani – popolo di grandi campanilisti soprattutto tra i più ignoranti – sono predisposti a spendere di più per un prodotto Made in Italy anche non autentico e quindi ben venga “farsi fregare” con la wagyu italiana. La “fregatura” per fortuna è breve: la qualità della carne wagyu italiana, se proveniente da un buon allevamento, è comunque straordinaria e regala una bistecca fiorentina indimenticabile anche a casa propria, anche se bistecca alla fiorentina non è: come si è imparato in questo articolo per essere definita tale la razza deve essere Chianina o Maremmana.

That’s it.

Bistecca alla fiorentina vino chianti meme fattoria di petrognano

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