Un libro dedicato ai mari del Sud Italia e ai loro frutti particolarmente bello e curato, dalla grafica al contenuto, è Polpo e Spada di Domenico Ottaviano. Quello che segue è un brevissimo estratto del libro, ovvero un approfondimento dedicato a un pesce che merita di essere raccontato: il cefalo o muggine e la pesca con i trabucchi del Gargano.
Cefalo: come le abitudini influenzano i gusti
Cefalo: caratteristiche e abitudini
Il cefalo (Mugil cephalus), conosciuto anche come muggine, è un pesce appartenente alla famiglia delle Mugilidae che conta ben 75 specie. Ha indole gregaria e forma spesso gruppi di notevoli dimensioni che superano anche diversi quintali.
Vive in tutte le acque tropicali e temperate del mondo, prediligendo fondali bassi in prossimità della costa e delle foci dei fiumi. È presente anche nelle acque dolci e salmastre delle lagune, perchè capace di tollerare forti cambiamenti di salinità.
Il cefalo: gusto e consumi
In questi ambienti il cefalo acquista, per la sua dieta, un sapore forte e tratti sgradevole. Questa caratteristica era già nota ai Greci: il medico Galeno loda quei cefali che vivono in mare e all’opposto condanna quelli di stagno e di fiume, sporchi delle lordure cittadine. Un retaggio culturale sopravvissuto fino ai giorni nostri, che ha portato molti consumatori a evitare questa specie anche se pescata in mare.
Ghiotti di questi pesci sono invece gli abitanti delle coste pugliesi dove, oltre al cefalo comune, sono presenti tutte le specie di Mugilidi del Mediterraneo: il cefalo dorato, il calamita, il verzelata e il bosega. Sul Gargano i cefali si distinguono per le loro caratteristiche fisiche e sono denominati con grande fantasia capëchiàttë (testa piatta), garzë d’àurë (garza d’oro), occhjë nairë (occhio nero), mujèllë e aspràunë (per la forma della bocca).
Il cefalo e la pesca dei trabucchi
Tra Peschici e Vieste, in particolare, il cefalo è conosciuto anche come pescë trabbùcchë, perchè quelli di qualità migliore vengono ancora oggi catturati con macchine da pesca chiamate trabucchi, enormi aracnidi di legno e fil di ferro appollaiati sulle coste del promontorio (del Gargano n.d.r.) fin dagli inizi del Novecento e probabilmente importati dal vicino Abruzzo.
Come per le tonnare sorte a sbarrare la strada dei tonni, i trabucchi sono stati costruiti sugli speroni rocciosi per intercettare i banchi di cefali che in massa lasciavano le vicine lagune di Lesina e Varano per accoppiarsi lungo le coste del Gargano.
I trabucchi
Costruito con pali di pino marittimo, quercia e abete, il trabucco si compone di un palchetto centrale e 5 antenne che sia tagliano sul mare fino a 40 metri, sorrette da diversi fili di ferro passanti per due o più montanti e fissati a pali di sostegno ancorati alla roccia. Le antenne sorreggono il peso della “rete grande” di forma rettangolare , che può arrivare fino a 300 m², sollevata e calata in mare attraverso 2 grossi argani spinti a mano dai pescatori. Tre lati affiorano dall’acqua mentre un quarto, a ponente o a levante in base al passo dei pesci, è lasciato sul fondo. Al centro della rete si lega l’azëchë, un pesce di legno che funge da richiamo per i cefali alla ricerca della femmina nel periodo della riproduzione (da agosto a ottobre).
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I cefali “pescati a vista”
Dal trabucco si pratica una pesca a vista che vede la partecipazione di almeno 4 persone. Uno dei pescatori sale sull’antenna maestra e scruta le acque sottostanti avvisando i compagni dell’arrivo dei pesci al grido “virë!” (“Gira gli argani!”). Senza perdere un attimo l’equipaggio si precipita agli argani e solleva la grande rete dall’acqua. Il pescato al centro della rete viene recuperato con un lungo retino e portato a terra: il richiamo di legno viene così sostituito con un cefalo vivo, che risulta più efficace.
I trabucchi di ieri e di oggi, tra pesca verace ed esperienze da vivere
Dal trabucco si pescano anche alici, sardine, seppie e ricciole. La diminuzione del quantitativo di pesca ha comportato una progressiva scomparsa di queste strutture: dalle 38 presenti lungo la costa Gargani a negli anni ’50, oggi ne restano una dozzina. Solo 6 però sono ancora in funzione per la caparbietà dei vecchi trabucchisti che dedicano loro cure e attenzioni in maniera costante.
A Peschici alcuni trabucchi sono stati trasformati in romantici rifugi: uno di questi è il ristorante “Al trabucco da Mimì (dell’autore del libro) a punta San Nicola, gestito dalla storica famiglia di costruttori peschiciani, gli Ottaviano, pescatori da 5 generazioni e ristoratori da 3. Su questo trabucco è ancora possibile unirsi all’equipaggio per una giornata di pesca tradizionale.
Cefalo e i racconti dei mari del Sud
Il Sud Italia è un luogo magico, denso di storie e tradizioni che i suoi coraggiosi abitanti cercano tutt’oggi di proteggere. A partire dal libro Polpo e Spada di Domenico Ottaviano da cui è tratto questo pezzo, fino la bellissimo sito web da cui sono tratte tutte le immagini di questo articolo: trabucchi del Gargano, di proprietà de La rinascita dei trabucchi storici Onlus, che racconta la storia, le tecniche di pesca e i volti di una tradizione da non dimenticare.