Ceretto è un nome che qualsiasi sommelier o appassionato di vino conosce: il suo vino Barolo ha conquistato un posto nel cuore degli intenditori. Eppure c’è anche un altro aspetto affascinante dietro questo nome che merita di essere scoperto e approfondito: il cubo della cantina Ceretto Bricco Rocche disegnato dagli architetti Luca e Marina Deabate.
Prima del cubo di Ceretto una premessa: vino e architettura
Questo è il primo articolo della rubrica Architettura dedicata alle cantine vitivinicole più affascinanti del mondo. Una rubrica strutturata come un viaggio per tappe con l’ambizione di trasportare così bene il lettore nelle architetture enofile da metterlo in condizione non solo di saperle leggere ed interpretare pur non interessandosi di architettura, ma anche di avere l’impressione di “degustarle”. Del resto le analogie tra l’architettura ed il vino sono considerevoli e si possono individuare tre temi particolarmente interessanti: poetica, tecnica e geografia.
Vino e architettura: poetica
La prima grande analogia è poetica: entrambi nascono radicati nella terra e salgono verso il cielo. Un buon vino ed uno spazio progettato bene sono sotto diversi aspetti i distillati di un luogo, considerando che per luogo si intende sempre il prodotto interconnesso del paesaggio, dei cicli naturali ed ovviamente dell’attività umana. Questi tre ingredienti con infinite sfumature e molteplici combinazioni vanno a dare vita all’unicità di un prodotto dell’individuo che in entrambi i casi, quando raggiunge picchi di eccellenza, ha velleità artistiche e culturali.
Vino e architettura: tecnica
La seconda grande analogia è tecnica: sono entrambe discipline che si avvalgono di competenze scientifiche per giungere a quello che non può mai essere semplicemente il risultato di una equazione matematica. Enologo e progettista si trovano parimenti a dover far quadrare una infinità di calcoli, ma alla fine quello che decreta il successo della loro creatura é qualcosa di imponderabile e misterioso, qualcosa che ha più a che fare con l’ispirazione, l’intuizione e l’arte che con la chimica e la fisica. Enologia ed Architettura prosperano sul quel bordo sottile della mente umana che unisce la concretezza dell’emisfero sinistro alla creatività di quello destro.
Vino e architettura: geografia
La terza grande analogia é geografica e riguarda il concetto di viaggio. Ovviamente le vigne tanto quanto gli edifici non si spostano: siamo noi a doverlo fare per visitarli. Inoltre quando viaggiamo il miglior modo per fare esperienza di un logo é degustare il vino locale e visitarne le attrattive architettoniche. Espressioni culturali di tale bellezza ed immediatezza si sedimentano non solo nell’ identità di un popolo, ma anche nei ricordi di tutti i viaggiatori che lo visitano.
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Ceretto è la prima tappa del viaggio con il suo cubo di Bricco Rocche
La Prima tappa di questo viaggio, emblematica rispetto alle premesse, si trova nel centro geografico delle Langhe, a Castiglione Falletto. Parliamo della cantina Bricco Rocche di Ceretto. Lo studio Deabate di Torino ha ideato l’ampliamento della preesistente cantina ipogea del celebre e nobile cru di Barolo, facendo emergere dal sottosuolo un cubo di vetro in purezza contenente una esclusiva sala di accoglienza e degustazione. Questo intervento si fregia di un raro equilibrio tra forza espressiva e rispetto del paesaggio, qualcosa di iconico che si colloca a metà tra architettura e land-art, carico di simbologie e valenze culturali.
Il barolo appena nato vive di più di un ossimoro che solo i lunghi affinamenti riescono a risolvere: l’elegante brutalità che lega la finezza del profilo aromatico alla ferocia dei suoi tannini, ed il colore granato semitrasparente del nebbiolo che inganna rispetto alla natura densa del suo corpo.
Con letterale perfezione algebrica questa architettura è una metafora della tipologia di vino che contiene: è difatti stereometrico e assertivo ma allo stesso tempo leggero e trasparente, vive di una presenza altera al primo impatto che si stempera man mano che viene attraversato alla vista e si fonde con le dolci colline delle Langhe. Prima definisce e racchiude un dato spazio in sei facce facendo di esso un luogo, subito dopo lo scardina e lo connette al paesaggio. Possiamo dire che proprio come il barolo nasce in ambito euclideo ma continua a vivere nel campo della relatività.
La struttura portante è in acciaio reticolare e rimane sotto la pelle in vetro strutturale come un endoscheletro. Questa a sua volta scarica su un secondo cubo interno in acciaio: il cuore nel cuore del barolo. La scelta di operare una protrusione dal sottosuolo secondo una direttrice non retta ma inclinata, non solo conferisce stile e naturalezza all’intervento, basti pensare ad esempio ai cristalli di pirite, ma regala dinamismo ad una forma che di per se è l’emblema della staticità, un’allusione ai meccanismi di affinamento che ci racconta come un vitigno così apparentemente monolitico grazie alle tecniche di cantina possa diventare una creatura mutevole e poliedrica. Questa direttrice eccentrica richiama inoltre tutte le forze che entrano in gioco in vigna secondo vettori sempre obliqui rispetto al suolo: i versanti delle colline, i raggi del sole al cambiare delle stagioni, le direzioni di brezze e venti.
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Chiara Bassi
Ceretto e il cubo in architettura
Il cubo in architettura è un segno particolarmente pregiato, sintetico nel linguaggio compositivo e carico di simbologie fortemente radicate nella coscienza collettiva e nella storia dei popoli. Spesso é in relazione alla sua nemesi, ovvero il cerchio, nell’eterno e mistico problema irrisolto della quadratura. Si pensi alla Kaaba della Mecca con le folle concentriche in preghiera, alla Villa La Rotonda di Palladio, ai disegni mandalici ed i relativi miti sull’origine dell’universo.
Nel caso del cubo della cantina Ceretto quindi, attingendo ad una semplicità complessa perché carica di significati e simbologie, possiamo pensare di approcciare questi spazi poeticamente, con il rispetto e la sacralità che si deve all’assaggio un grande vino, un Gran Signore che riposa molte stagioni nella sua incubatrice di cristallo. Uno scrigno che serba in pancia rose e catrame, dove anche la superficie più scabra alla fine diventa velluto.
Il progetto in breve
- Progetto: Luca e Marina Deabate, Torino
- Strutture: R.F.R. Studio, Parigi
- Committenza: Ceretto Aziende Vitivinicole S.r.l.
- Dove e quando: Castiglione Falletto, Alba, 2001
- Crediti fotografici: Bruna Biamino