Con l’arrivo dell’autunno, è tempo di viaggiare a caccia di vendemmie e foliage, e l’aria che si fa più tagliente suggerisce di prendersi un momento al tiepido sole pomeridiano, finalmente nel calice un grande rosso con cui conversare lungamente e senza fretta. Questa immagine ci spinge per ora a lasciare l’Italia con in mente una sola meta: Bordeaux. La cantina che visitiamo oggi, Chateau Cheval Blanc, oramai già abbastanza avvezzi all’analisi degli spazi dalle tappe precedenti, ha la sinuosità delle colline di Saint-Emilion ed il dinamismo muscolare del corpo del cavallo bianco dal quale prende il nome.
Château Cheval Blanc: voglia di Bordeaux
L’ampliamento dello storico Chateau Cheval Blanc, viene commissionato al Pritzker Prize 1994 a Christian de Portzamparc dal Barone Albert Frère e da Bernard Arnault con l’intento di comunicare la nuova immagine della celebre cantina già forte della sua storia, ma proiettata verso il futuro.
Chateau Cheval Blanc: mimetismo istrionico
L’edificio si annuncia per mezzo di una vela di un niveo cemento a vista, che si gonfia e distende al suolo discepola del paesaggio circostante e degna compagna dello splendido Chateau settecentesco di fondazione. I prospetti laterali si inseriscono nella cornice paesaggistica con una eleganza flessuosa e curvilinea dall’andamento dinamico ed aristocratico degno del miglior puledro lanciato al galoppo.
Dall’alto invece, l’edificio prende massa da un’operazione di sollevamento del suolo che porta la vegetazione sul tetto giardino, raggiungibile attraverso dolci sentieri lignei sottolineati da futuristiche direttrici luminose, lasciando intravedere, come tra le pieghe di un tessuto cementizio, la natura ibrida del suo corpo diviso tra terreno e costruzione.
Il dialogo che si instaura con gli edifici settecenteschi circostanti è plurivalente perché a seconda delle angolazioni genera relazioni complesse, di pacifica armonia nei prospetti, di animata dicotomia nel volo di uccello, ed infine di disegbata mimesi planimetrica. Esattamente come le immagini lenticolari questo edificio resta inafferrabile e decostruito nella vegetazione: un ossimoro di “mimetismo istrionico”.
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Chateau Cheval Blanc: il tesoro sotto il manto
Non manca l’impegno nella sostenibilità che oramai è irrinunciabile per qualsiasi progettista contemporaneo e che si concretizza dell’efficientamento della copertura in termini di ventilazione naturale oltre che di filtraggio e reinserimento dell’acqua piovana.
Sotto questo manto tecnologico nonché verde belvedere sul paesaggio, si sviluppano due livelli in 5.000 metri quadri, dedicati rispettivamente all’affinamento nell’interrato ed alla fermentazione e degustazione al piano primo.
I bellissimi tini in cemento sono stati disegnati appositamente dallo studio di progettazione su indicazione del direttore Pierre Lurton, con forme scultoree curvilinee che ottimizzano l’ossigenazione come nel bevante di un calice da degustazione, e che grazie alla luce naturale zenitale conferiscono all’ambiente di fermentazione una elegante sacralità, sospesa tra l’atmosfera di un museo e quella di un aristocratico mausoleo.
L’ambiente di affinamento invece conta sulle criptiche luci filtrate da gelosie in laterizi, luoghi del tempo e del silenzio come è sempre d’uopo dove riposano grandi vini.
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Il progetto in breve
- Progetto: Christian de Portzamparc
- Committenza: Château Cheval Blanc
- Dove e quando: Bordeaux, Saint-Emilion 2011
- Crediti fotografici: LVMH, Christian de Portzamparc
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