La scafata di fave, conosciuta anche come baggiana, è un antico piatto tradizionale di Città di Castello ed è unaminestra che si prepara in primavera usando verdure fresche come fave, cipollotti, pomodori e bietole. Città di Castello, oltre a essere una meta ideale per immergersi nella storia, nella natura e nella cultura, è anche famosa per i suoi vini che si possono degustare nelle numerose enoteche e cantine della città. Quelli prodotti nella zona di Città di Castello sono i vini della DOC “Colli Altotiberini” che si sposano perfettamente con i piatti della cucina tradizionale umbra.
La Scafata: la tradizione culinaria di Città di Castello
La scafata di fave è uno dei piatti tipici di Città di Castello, nata come pasto che i contadini mangiavano al termine di una faticosa giornata lavorativa nei campi e tramandato di generazione in generazione in tutta la regione umbra. Il nome scafata deriva da scafo, termine dialettale che indica il baccello della fava. In diverse parti dell’Umbria la scafata è anche chiamata baggiana, mentre nei dintorni del lago Trasimeno sono semplicemente fave in umido. In base al territorio la scafata presenta alcune varianti di ingredienti e di procedimento. La ricetta originale che viene realizzata a Città di Castello è una zuppa a base di fave, biete, pomodori e guanciale condita con olio extravergine di oliva ed erbe aromatiche come finocchietto e mentuccia romana. Oggi, la scafata di fave è uno dei piatti più amati della tradizione culinaria di Città di Castello e viene servita sia nei ristoranti sia nelle trattorie.
Città di Castello
Città di Castello, uno dei principali centri dell’Umbria, è situata nella valle del Tevere, nella parte più settentronale al confine con le Marche e la Toscana. Cinta ancora per diversi tratti dalle mura cinquecentesche, Città di Castello è un affascinante labirinto di stradine strette, dove si possono ammirare palazzi rinascimentaili e torri medievali.
Uno dei luoghi più importanti di Castello è la Cattedrale di San Florido e Amanzio costruita su un tempio pagano. All’interno della chiesa è custodita la famosa statua della Madonna nera la quale regge nella mano sinistra un’altra donna più piccola che a sua volta porta in mano una sfera.
Città di Castello è famosa anche per i palazzi della famiglia Vitelli, situati in un rione diverso della città per ribadire il dominio della casata. Il palazzo più famoso è il Vitelli alla Cannoniera, chiamato così perchè è stato costruito su una vecchia fabbrica di cannoni. All’interno dell’edificio è possibile ammirare grandi e magnifiche sale e una cospicua collezione di opere d’arte.
Il palazzo Comunale detto anche dei Priori, con la sua solenne ed elegante architettura, è uno dei palazzi più famosi dell’Umbria dove all’interno è possibile ammirare opere d’arte e cimeli garibaldini.
Il Museo Civico di Palazzo Albizzini e gli ex Seccatoi del tabacco ospitano invece le opere di AlbertoBurri, uno dei maggiori artisti italiani del XX secolo.
Alberto Burri
Alberto Burri è uno dei più grandi artisti del Novecento, famoso per la sua tecnica sperimentale e per l’utilizzo di materiali non convenzionali come i sacchi di iuta, la plastica e il ferro. Alberto Burri è nato a Città di Castello il 12 marzo 1915, primogenito di Pietro, commerciante di vini e amministratore di poderi e di Carolina Torreggiani, insegnante elementare. Amava leggere, viaggiare e giocare a calcio ed era un attaccante molto portato. Si è laureato in medecina, ha partecipato alla seconda guerra mondiale ed è stato catturato e imprigionato per 18 mesi in Texas. Una volta tornato in Italia ha abbandonato il lavoro di medico per dedicarsi all’arte.
L’ambiente rurale in cui Burri è cresciuto, la guerra e la prigionia hanno influenzato la sua arte e la sua visione del mondo. L’artista, infatti, ha spesso utilizzato materiali naturali, poveri e distrutti per dimostare la loro utilità e la loro bellezza. Nelle sue opere Burri esalta la materia traumatizzata, sbriciolata, strappata e screpolata per rappresentare la vita umana abitata dal trauma, dalla ferita e dal combattimento. Nelle sue opere d’arte Burri eleva la ferita alla dignità della poesia, lì dove c’è la ferita esiste la possibilità di un nuovo inizio, autentico, bello e rispettoso.
Il vino Colli Altotiberini DOC di Città di Castello
La DOC
Città di Castello è anche famosa per la denominazione vitivinicola Colli Altotiberini. In particolare, per produrre vino atto a diventare Colli Altotiberini DOC, le uve devono provenire dai comuni di Città di Castello, San Giustino, Citerna, Monte S. Maria Tiberina, Montone, Umbertide, Gubbio e Perugia.
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Chiara Bassi
Le tipologie di vini prodotti
Il vino spumante si ottiene da vitigni Grechetto, Chardonnay, Pinot bianco, pinot nero e pinot grigio.
Il vino “Colli Altotiberini” bianco e bianco superiore si ottiene per il 50% da uve trebbiano toscano e per il restante 50% possono concorrere altri vitigni a bacca bianca. Colli Altotiberini Bianco DOC è un vino bianco secco dal gusto fresco e floreale.
I vini rosso, rosso riserva, rosato e novello si ottengono da uve sangiovese per il 50% e per il restante 50% da vitigni a bacche nere. Il Colli Altotiberini Rosso DOC è un vino rosso secco dal gusto fruttato espeziato mentre il Colli Altotiberini Rosato DOC è un vino secco dal gusto fresco e fruttato.
Tra questi il vino che si abbina perfettamente alla scafata di Città di Castello è il Colli Altotiberini rosato DOC con un odore vinoso, delicato dal sapore fresco, asciutto e armonico.
Scafata di fave ricetta originale
40 minuti
10 minuti
Facile
Fornello
€
Italiana
Ingredienti per 4 persone
- 1 kg di fave fresche sbucciate
- 400 g di foglie di bieta
- 100 g di guanciale
- 3 cipollotti
- 10 pomodorini
- finocchietto selvatico q.b.
- menta fresca q.b.
- sale q.b.
- pepe q.b.
- olio extra vergine di oliva q.b.
Attrezzi
- 1 tagliere
- 1 coltello da verdura
- 1 casseruola
- 1 mestolo
- 2 ciotola
- 3 ciotoline
Ricetta scafata di fave: preparazione
Passo 1. Sbucciare le fave e metterle da parte in una ciotola media.
Passo 2. Tagliare il guanciale a dadini e metterlo da parte in una ciotola piccola.
Passo 3. Affettare i cipollotti e metterli da parte in una ciotola piccola.
Passo 4. Tagliare i pomodori e metterli da parte in una ciotolina.
Passo 5. Tagliare la bieta grossolanamente e metterla da parte in una ciotola.
Passo 2. In una casseruola inserire 3 cucchiai di olio EVO, i cipollotti e il guanciale e lasciare rosolare 3-4 minuti.
Passo 3. Unire le fave e rosolare un paio di minuti.
Passo 4. Aggiungere l’acqua e cuocere per 10 minuti.
Passo 5. Unire quindi la bieta e cuocere per altri 15 minuti.
Passo 6. Aggiungere per ultimo i pomodori e proseguire la cottura per altri 10 minuti aggiungendo se necessario un bicchiere di acqua bollente.
Passo 7. Proseguire finché le fave saranno cotte, quindi regolare di sale e di pepe profumando il piatto con la menta lavata e sminuzzata e un ciuffetto di finocchietto.
Consigli
- Servire la scafata, meglio se tiepida, con un giro di olio EVO a crudo e bruschette di pane.
- Si può conservare fino a 24 ore in frigorifero.