Se Luigi Veronelli fosse ancora in vita, cosa penserebbe dei Pomodori Pachino IGP? Li includerebbe nei giacimenti gastronomici italiani oppure no? Certo è che i pomodorini Pachino meritano una riflessione e non solo per dissacrare la storia di un prodotto tipico che così tipico non è, bensì per riflettere su tutto il sistema “cucina tradizionale italiana” e scendere dal piedistallo di certi campanilismi. Questa affermazione non nasce per ferire l’ego dei sostenitori indiscussi della cucina italiana come madre e faro del cibo nel mondo, bensì vuol ricordare loro che tanta bontà nasce dalla contaminazione culturale dei popoli che si sono avvicendati o hanno istituito rapporti commerciali con l’Italia per secoli introducendo ingredienti e ricette.

Pomodori Pachino IGP: una storia dissacrante

Pomodorini Pachino Made in Israele

Pachino è una cittadina di circa 21.500 abitanti che si trova in Sicilia, nell’estrema punta sud della provincia di Siracusa. La sua posizione a cavallo del Mar Mediterraneo e del Mar Ionio le dà un clima caldo e afoso in estate, secco in primavera e in autunno e mite in inverno oltre che la maggior concentrazione di radiazione solare dell’intera isola siciliana.

La sua collocazione geografica l’ha resa teatro di un continuo avvicendamento di popoli: Fenici, Punici, Greci, Bizantini, Normanni, Aragonesi e Angiolini abitarono Pachino nei secoli. Non stupisce quindi che anche la contemporanea azienda israeliana Hazera Genetics abbia pensato di usarla come ponte per portare i semi dei suoi pomodorini in Italia.

Pomodori pachino Siracusa Sicilia

Pomodori Pachino IGP: dal seme al frutto

Hazera Genetics è un leader globale del mercato di sementi e ha creato i pomodori di Pachino nel 1989 con la MAS, ovvero la Marker Assisted Selection. Questa tecnica consiste nel creare un frutto con particolari caratteristiche in laboratorio attraverso incroci e ibridazioni, e, con un processo relativamente rapido, si ottiene quello che la natura potrebbe fare in millenni (ammesso gli interessi). I pomodorini di Pachino in particolare sono ibridi di tipo F1, ovvero sono la prima generazione di incroci di razze diverse con l’esaltazione di una certa caratteristica per segregazione e per questo sono instabili, ovvero non solo non mantengono il carattere positivo selezionato nelle generazioni successive, ma rischiano di portare i caratteri negativi che sono stati trascinati lungo il processo.

Questo significa che non si possono importare i semi solo una volta e poi riprodurre le piante, ma bisogna procurarsi nuovi semi F1 ogni qualvolta si voglia far nascere delle piantine di pomodori Pachino. Questo significa che gli agricoltori italiani, stagione dopo stagione, hanno viaggiato tra Pachino e  Tel Aviv per procurarsi i preziosi e costosi semi da cui ottenere i pomodori Pachino IGP. Non stupisce, quindi, il costo di questi deliziosi pomodorini se dovevano anche ammortizzare il viaggio! Fortunatamente negli anni le cose si sono semplificate: oggi si possono comprare le piantine direttamente nei vivai, per la gioia del borsellino degli estimatori!

Pomodori pachino: l’introduzione del pomodoro in Italia

Non solo il pomodoro Pachino IGP non ha origini italiane, ma addirittura gli agricoltori siracusani furono molto restii a introdurlo per i suoi elevati costi rispetto ai classici pomodori da insalata. Ci vollero ben due anni di insistenze commerciali della Hazera Genetics combinate al miglioramento della shelf-life del pomodorino – che poteva raggiungere le 2-3 settimane dal raccolto – per convincere gli agricoltori a comprare i semi. Il successo definitivo però lo segnò la mancanza di stagionalità: i pomodori Pachino – anche grazie al clima favorevole – erano sempre disponibili.

Pomodoro Pachino IGP: disciplinare e tipologie

Il disciplinare ammette tre tipologie (descrizioni riportate dal sito ufficiale del Consorzio dei pomodori Pachino IGP):

  • tondo liscio: “piccolo e rotondo, di colore verde scuro, inconfondibile per il gusto molto marcato. Si presenta in forma sferica e regolare, di piccola pezzatura ed ha una particolare colorazione peculiare che va dal colore rosso acceso al verde intenso in prossimità del picciolo”;
  • costoluto: “frutto di grandi dimensioni, leggermente schiacciato, esteticamente molto attraente, dalle coste marcate, di colore verde molto scuro e brillante”;
  • ciliegino: “caratteristico per l’aspetto a ciliegia su un grappolo a spina di pesce con frutti tondi, piccoli, dal colore eccellente e il grado brix elevato”.

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Pomodorini Pachino IGP: usi e abbinamenti cibo-vino

A prescindere dalla tipologia del pomodoro e delle sue caratteristiche organolettiche, quello che più conta nella definizione dell’abbinamento è il suo ruolo nella preparazione (è il protagonista della ricetta o ci sono altri ingredienti principali?) e l’eventuale cottura. Se i pomodori Pachino sono mangiati crudi, infatti, quello che più conta è l’eventuale condimento (olio extravergine di oliva? Aceto balsamico di Modena? Altro?), mentre se i pomodorini Pachino sono cotti, il metodo di cottura diviene fondamentale nell’abbinamento cibo-vino.

Pomodori Pachino IGP: caratteristiche organolettiche e consumo crudo

  • tondo liscio: “polpa croccante con un gusto armonico ed equilibrato dovuto ad una perfetta armonia tra acidità e grado zuccherino. Per apprezzarne le qualità è consigliato mangiarlo crudo”;
  • costoluto: “polpa morbida con un gusto piacevolmente aromatico”;
  • ciliegino: polpa morbida dolce e succosa.

Tutti questi pomodori sono caratterizzati da un’elevato grado di acidità e, se mangiati crudi conditi con olio extravergine di oliva, chiedono un vino bianco secco, alcolico e morbido come una Romagna Albana DOC. La morbidezza bilancia l’acidità, mentre l’alcolicità asciuga l’untuosità del condimento.

Pomodori Pachino IGP: cosa abbinare alle varie cotture?

I pomodorini pachino si usano in una molteplicità di ricette, tanto che definire una regola universale di abbinamento non ha nessun senso. Tuttavia, per avere un’indicazione generale di abbinamento, si può dire che il pomodoro con la cottura concentra il gusto, in particolare l’umami e diminuisce l’acidità. L’umami è un gusto definibile come saporito piuttosto che sapido capace di arricchire e far diventare golosa qualsiasi ricetta.

Un buon abbinamento cibo-vino è, quindi, abbinare un vino bianco secco, alcolico e morbido come una Romagna Albana DOC come nel caso precedente, ma con qualche anno sulle spalle, una PAI (Persistenza Aromatica Intensa) importante e ancora meglio se da uve attaccate dalla muffa nobile, che danno al vino un interessante risvolto aromatico. La morbidezza bilancia l’acidità, mentre l’alcolicità asciuga l’untuosità del condimento.

I pomodori Pachino IGP: Denominazione di Origine Inventata

Come scritto dal professore dell’Università di Parma Alberto Grandi nel suo prezioso libro “Denominazione di Origine Inventata – le bugie del marketing sui prodotti tipici italiani” (si consiglia l’acquisto del libro su Amazon per scoprire altre dissacranti storie), gli italiani sono stati bravissimi nel creare un prodotto tipico “autentico” – per citare il sito ufficiale del Consorzio di Tutela – che di tipico non ha nulla e a cancellare gli ingegneri genetici istraeliani dallo storytelling del pomodorino di Pachino IGP. Del resto non è forse più affascinante pensare che la sua golosa tonalità di rosso e la sua polpa carnosa sono solo il frutto della terra, del mare, del vento e del lavoro degli uomini della bellissima isola siciliana?

La foto panoramica di Pachino è tratta da onlinesiracusa.it

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