Spesso i confini sono disegnati dalla geografia fisica, da acqua e terra, da mari, fiumi e montagne. Eppure c’è un confine fatto di piccoli cubi di tufo bianco così fluido da raccontare una storia tutta sua. Dopo la morte di Tito, avvenuta a Lubiana nel maggio del 1980, la pace in queste terre fu breve e il conflitto di appena 10 giorni che sancì l’indipendenza della Slovenia dalla Jugoslavia inevitabile. Era il luglio 1991 quando quei piccoli blocchi candidi passarono dall’essere uno spartiacque di valori al limite di una denominazione enologica e poco altro. O tanto altro, ma qui la stratificazione storica ha ordito trame così strette che è più un sentire che un essere davvero. Qui i vini friulani della cantina Tiare nascono da uve coltivate in terre a cavallo tra Italia e Slovenia, dove quei sassi bianchi si perdono nel verde intenso di un vigneto che non parla un’unica lingua.
Vini friulani: racconti da vigneti di confine
In queste terre si sente spesso la storia di un confine che veniva faticosamente e pericolosamente spostato di notte in anni dove le tensioni erano tali non solo da limitare la libertà di spostamento, ma da mettere in costante pericolo la vita di chi lo viveva. Si sparava, si seppellivano i morti sul posto e le esistenze erano cancellate in silenzio per la sola colpa di essere da una parte o dall’altra, ma comunque troppo vicino.
Il vigneto friulano di confine
Questa è una zona magica all’interno di una regione già particolarmente vocata per la coltivazione della vite e la produzione di vini – soprattutto bianchi – di eccezionale qualità. La posizione strategica – protetta dalle Alpi a nord e volta al Mar Adriatico a sud – e i suoli ricchi di marne e arenarie rendono le dolci colline friulane un tesoro del vigneto italiano.
Se in termini di qualità i vini friulani di confine non hanno risentito della difficile storia anche recente, probabilmente ne hanno sofferto per quanto riguarda la fama, ancora stentata al di fuori dell’Italia. Del resto non è facile coltivare e costruire quando c’è la guerra a pochi passi. Non è facile vivere, figurati sognare di diventare grandi, magari unendo le forze tutti insieme. Ecco, INSIEME dovrebbe essere la parola chiave della nuova stagione dei vini friulani.
Il Collio DOC
Il Collio DOC è una mezzaluna che volge il suo sguardo al Nord Europa, qui, dove da sempre si incontrano culture, architetture, lingue, tradizioni, cucine e sogni. Una crocevia dove hanno imparato a convivere italiani, sloveni e austriaci e dove anche l’enogastronomia è diventata un incontro di tradizioni dal sapore mitteleuropeo. Qui dominano i vitigni a bacca bianca, da cui si elaborano vini bianchi di pregio, ma anche i vitigni rossi danno risultati molto interessanti. In particolare i vitigni ammessi nella denominazione sono:
- Vitigni a bacca bianca: chardonnay, friulano, malvasia, müller thurgau, picolit, pinot bianco, ribolla gialla, riesling italico, riesling renano, sauvignon blanc.
- Vitigni a bacca nera: cabernet franc, cabernet sauvignon, merlot, pinot nero.
- Vitigni a bacca grigia/rosa: gewürztraminer, pinot grigio.
Oltre i vini ottenuti dai vitigni vinificati in purezza vengono prodotti anche il Collio Bianco DOC e il Collio Rosso DOC, rispettivamente da vini base bianchi e vini base rossi tra i vitigni ammessi nella DOC, prestando attenzione ai vitigni aromatici gewürztraminer e müller thurgau che nel Collio Bianco DOC non possono superare il 15%.
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Tiare: la cantina di Roberto Snidarcig
Dietro un’architettura che rispetta le linee degli insediamenti locali si cela una cantina moderna costruita nel 2007 con l’obiettivo di avere tutte le strumentazioni e gli spazi necessari per produrre vini di qualità. Questa è Tiare, una cantina che vuole costruire una storia vitivinicola autonoma nel rispetto dei valori del suo fondatore.
Dalla cantina di vinificazione alla bottaia, tutto è estremamente curato, ordinato e pulito.
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Chiara Bassi
Vini friulani: i sauvignon di Tiare
Roberto Snidarcig, con i suoi vini firmati Tiare, ha trovato il suo linguaggio per interpretare uno dei vitigni simbolo del suo territorio: il sauvignon blanc. Un vitigno appena tardivo, ma che perde le foglie precocemente, demandando così l’accumulo dei nutrimenti soprattutto agli stessi grappoli. Il suo nome, che deriva dalla parola francese sauvage (selvaggio), racconta molto dei suoi profumi intensi e difficili da domare.
Roberto Snidarcig frequenta la campagna fin da ragazzo e lì rimane affascinato da una vigna di sauvignon blanc gettando le basi per il suo amore per questo vitigno. Oggi oltre il 50% della sua produzione discende proprio da quella vigna da cui ha preso i tralci, ha creato dei cloni, selezionato le marze migliori e creato il suo primo ettaro di vigneto a Dolegna, nel Collio DOC. Da quello ne seguono altri fino ad arrivare ai 12 attuali in cui sono stati piantati anche cabernet franc, cabernet sauvignon, friulano, malvasia, ribolla gialla e pinot nero.
Le degustazioni
- Sauvignon 2015: si presenta giallo paglierino carico e brillante, consistente. Al naso è intenso e pazzesco, finissimo, con le note caratteristiche del vitigno che sfumano nella pesca bianca. In bocca è coerente, sapidissimo, caldo, strutturato e lungo.
- Sauvignon Riserva 2018: si presenta giallo paglierino con riflessi oro verde, consistente. Naso intenso e caratteristico, assume una nota di spezie dolci per nulla invadente. In bocca è coerente, fresco, molto equilibrato, sapido, strutturato e lungo.
Due interpretazioni diverse – ma entrambe affascinanti e di grande qualità – dello stesso vitigno, difficile sceglierne una in quanto i vini base compiono un percorso diverso: il primo in acciaio e il secondo in botte di legno.
Tiare: vini friulani che inseguono l’ideale della kalokagathìa
Tiare è una cantina che pare un giardino, tanto i vigneti sono curati. Una gioia per gli occhi e per il palato perchè laddove c’è ordine e bellezza c’è anche bontà. Del resto, come dicevano i greci fin dal V secolo a.C., “kalòs kai agathòs” ovvero “bello e buono“: ciò che è bello non può non essere buono e ciò che è buono è necessariamente bello. Lo stesso nome “Tiare” in friulano significa “terra“. Terra è una parola carica di significati e davvero bellissima.