Urbex significa esplorazione urbana ed è un termine coniato nel mondo anglosassone (da urban exploration) per definire l’attività di chi ama visitare e fotografare le rovine moderne, ovvero quei ruderi architettonici costruiti in un passato più o meno recente. Si tratta di una pratica ai confini della legalità in quanto, oltre al tema della violazione della proprietà privata, sono edifici per lo più inagibili e pericolosi per la sicurezza della persona. Sono le atmosfere decadenti e affascinanti che hanno ispirato la musica industriale dei Throbbing Gristle, che seppur rifiutando ogni forma di melodia e usando il rumore quasi in modo terroristico, affondano le loro radici tra John Coltrane e i Pink Floyd. Un’evoluzione dell’Urbex per sommelier e winelovers potrebbe essere la Wine Urbex, ovvero l’attività di cercare e visitare cantine abbandonate ricche di bottiglie storiche dimenticate… da guardare e non stappare ovviamente.
Urbex: in cosa consiste esattamente?
L’Urbex è l’esplorazione di palazzi, fabbriche, ville e altri edifici abbandonati che viene svolta in modo etico, ovvero senza danneggiare e/o rubare nulla dal luogo visitato. Ci sono vari tipi di esplorazione urbana in funzione dei siti visitati, tra le più famose il draining, ovvero l’esplorazione di fognature, e l’arrampicata urbana, ovvero l’esplorazione di edifici alti di difficile accesso.
Chi fa Urbex è curioso di esplorare luoghi che la maggior parte delle persone evita o ignora. Lontano dalle mete turistiche più frequentate, l’Urbex offre, infatti, l’opportunità di scoprire la bellezza inaspettata della decadenza. Le strutture fatiscenti, gli affreschi rovinati, i murales sbiaditi, gli oggetti di vita quotidiana distrutti e la vegetazione che si insinua ovunque creano una scenografia affascinante che attira fotografi e artisti in cerca di ispirazione o che vogliono semplicemente documentare una storia diversa.
Urbex: la storia
La data di nascita ufficiale dell’urbex è il 1793, anno in cui il portinaio di un’ospedale parigino Philibert Aspairt morì nelle catacombe di Parigi dopo esservisi perso. Le catacombe di Parigi sono la più grande necropoli conosciuta con oltre 285 km di passaggi che ospitano i resti di 6 milioni di persone e sono tutt’oggi in parte visitabili regolarmente.
La storia dell’Urbex, tuttavia, ha radici molto più lontane nel tempo: nell’antica Roma esploratori e studiosi si avventuravano nelle rovine di edifici abbandonati per studiare la storia e l’architettura del passato. Solo nel XIX secolo, con la Rivoluzione Industriale, l’Urbex ha iniziato a svilupparsi prendendo una piega più vicina a quella contemporanea.
Con l’avvento dell’industrializzazione molte fabbriche, ville e opere infrastrutturali sono state velocemente costruite per sostenere la crescita economica. Lo sviluppo globale ha portato anche a un altrettanto veloce abbandono di queste costruzioni che sono diventate presto obsolete con il progredire della tecnica. Questo fenomeno si è fatto ancora più importante dopo la seconda guerra mondiale, negli anni del boom economico: con la crescita delle città e l’urbanizzazione delle periferie interi quartieri sono stati abbandonati o evacuati a causa di disastri, degrado e altri motivi più o meno trasparenti.
Questi luoghi dismessi hanno iniziato a suscitare l’interesse di curiosi amanti del brivido, che hanno iniziato ad esplorarli e a fotografarli per documentare come la decadenza architettonica è la prima testimone dello scorrere del tempo. Nel corso degli anni ’80 e ’90, con la nuova popolarità dei graffiti e dell’arte di strada, alcuni artisti urbani hanno iniziato a usare edifici e strutture abbandonate come tela per le loro opere d’arte, attirando l’attenzione su questi luoghi e rinnovando la cultura dell’Urbex.
Urbex: l’etica
In un’epoca in cui l’Urbex diventa sempre più popolare tanto da avere migliaia di “adepti” anche in Italia, sono molte le discussioni sulla sua etica che gli stessi cercano di sanare con giustificazioni più o meno accettabili. Se da un lato ci si chiede se sia giusto esplorare luoghi che potrebbero essere – e spesso sono – proprietà private e condividere sul web informazioni su come accedervi (aperture, dove scavalcare…), dall’altro gli appassionati di questo hobby dichiarano che hanno un approccio responsabile e rispettoso verso le rovine visitate. Gli urbexers, infatti, dichiarano di lasciare il luogo esattamente come l’hanno trovato senza danneggiarlo e senza privarlo di nemmeno un pezzo di carta senza valore. Questa volontà è testimoniata dalla fotografia di una scrivania della fabbrica Olivetti di Ivrea abbandonata dopo l’incendio del 2013 che pare quasi una natura morta post moderna.
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Wine Urbex: una provocazione… o forse no?
La Wine Urbex potrebbe essere l’attività di esplorazione di cantine vitivinicole abbandonate in ogni parte del mondo. Può apparire una provocazione, ma in realtà potrebbe essere molto interessante per capire l’evoluzione stessa della storia del vino nei diversi luoghi, dalle tecnologie di vinificazione allo stoccaggio, dalla presentazione alla vendita.
Non solo cantine vitivinicole, ma anche le cantine private di castelli e ville abbandonate spesso custodiscono tesori, anche se imbevibili. Ma un tesoro, per essere ritenuto tale, basta abbia una storia da raccontare o far riscoprire. Ad esempio questa Barbera racconta di un Ristorante Cacciatori… esisterà ancora?
Questi scatti sono stati fatti nella cantina di Villa Minetta da degli urbexers che li hanno gentilmente condivisi con Sommelier Suite (come tutte le altre foto presenti in questo articolo). La villa fu costruita dall’imprenditore e deputato per la sinistra storica Edilio Raggio (Genova 1840 – Novi Ligure 1906), all’epoca l’uomo più ricco del Regno d’Italia. In seguito ha cambiato numerosi proprietari e viene naturale chiedersi chi fosse il goloso di vino barbera dell’annata 1968 dato l’enorme quantitativo di bottiglie.
La soluzione è semplice: come riporta l’etichetta si tratta del vino barbera dei Fratelli Spinoglio, la famiglia che acquistò Villa Minetta intorno al 1950 e ne ha mantenuto la proprietà per circa mezzo secolo. La bellissima dimora quindi era anche un luogo di stoccaggio delle bottiglie prodotte dalla cantina vitivinicola dei proprietari.
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Chiara Bassi
Urbex: alcune riflessioni tra legalità e impegno
Mentirei se dicessi che la wine urbex non mi affascina tremendamente: tutto ciò che è legato alla storia e alla conoscenza è per me una ragione di vita. Scoprire luoghi del vino abbandonati può donare molte informazioni utili a capire come siamo arrivati ad oggi, ma anche essere un piacevole trastullo edonistico fine a sé stesso. Eppure l’idea che un luogo possa innescare la voglia e l’esigenza di approfondire ricerche su una famiglia, una tecnica o una vicenda che hanno segnato anche solo una infinitesima parte della storia dell’umanità è qualcosa di esaltante per me, in particolare se abbinato al vino.
Certo, si tratta di un’attività borderline sia per sicurezza sia per legalità e per questo vanno studiate soluzioni intelligenti per poterla praticare in modo corretto. La condivisione delle foto e dei racconti di questi luoghi è un qualcosa che va oltre la memoria storica e la riscoperta di un passato dimenticato, ma è piuttosto una volontà di valorizzare la bellezza malinconica di questi luoghi attraverso importanti lavori di riqualificazione degli spazi architettonici che troppo spesso diventano meri testimoni della fluidità della vita stessa della maggior parte degli uomini che abitano oggi questo pianeta.
Urbex e Wine Urbex: considerazioni finali
L’Urbex è un’attività ai confini della legalità indubbiamente pericolosa e irresponsabile. Le strutture sono instabili e soggette al rischio di crolli e nel caso in cui l’urbexer si facesse molto male, di chi sarebbe la responsabilità essendo in una proprietà privata non soggetta a manutenzione regolare in quanto abbandonata? Sono in realtà molte di più le domande che possono ruotare attorno a questo hobby controverso, ma la presenza di associazioni e gruppi organizzati che lavorano anche a stretto contatto con i proprietari delle rovine moderne che intendono visitare per ottenere accesso legale fa ben sperare. Del resto l’urbex può essere un modo di mostrare i potenziali tesori nascosti di una regione, luoghi straordinari che, se soggetti a una curata riqualificazione, potrebbero trasformarsi in spazi polifunzionali estremamente affascinanti. A tal proposito un invito: perchè non costituire un’associazione strutturata che si muove legalmente e in sicurezza per praticare la wine urbex e andare a esplorare cantine abbandonate in ogni parte del mondo?
Articolo decisamente interessante che mi ha svelato un tema totalmente sconosciuto… a proposito di scoperte 😉
Grazie Gaia! Penso che la curiosità e la voglia di conoscere siano il regalo più bello che possiamo fare alla nostra vita!
Un argomento del quale avevo solo sentito abbozzare…grazie per avermi fatto venire una nuova curiosità!
Grazie a te Elena per il tuo commento, molto gradito! Anche io non conoscevo l’Urbex, ma questo amico con la sua passione, i suoi racconti e le sue foto mi ha ispirato questo articolo e anche un approfondimento del tema!
Costituire una associazione di Wine Urbex è una bellissima idea, io ci sare.
Saluti
Che bello Dante leggerti! Sapere che non sono l’unica matta è rincuorante… comunque mi informo per capire che spazi ci sono per fare qualcosa sul tema! Un saluto a te!
articolo molto bello e soprattutto molto ben fatto! le foto sono davvero spettacolari e suggestive.
Grazie Riccardo! Merito del fotografo 😉